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Di viole e liquirizia

Le prime cinquanta pagine del libro appassionano, hanno il merito di lasciar incollati alla lettura chi ama il vino profondamente e chi lo sta cominciando ad incrociare nel suo percorso, chi è stato nelle Langhe o chi ci vorrebbe andare: citazioni di paesi, vigne storiche e produttori sono perfettamente integrati all’interno della narrazione che scorre apparentemente senza particolari sussulti, ma che delinea con lentezza e delicatezza la storia ed il contesto e, soprattutto, è ricca di spunti di riflessione. […]

È un libro […] scritto bene, senza eccessi linguistici, con sobrietà e bell’italiano, con interessanti spunti geopolitici sul mondo del vino di Langa che possono tranquillamente essere riportati in altre terre dove sostanzialmente sono accadute, e continuano anche adesso ad accadere, cose simili a quelle langarole e che lasciano nel lettore un sentimento a metà strada tra la nostalgia e l’amarezza e che fanno, senza eccessi polemici, riflettere.

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Descrizione

TRAMA

Sono i profumi del vino e della terra, prima di tutto, a dirci che questa è una storia di Langa. Poi l’ombrosità di una donna fragile e fiera, le curve tortuose delle colline, un debito di gioco, un duello all’ultimo bicchiere… In questa storia delicata e struggente, fatta di solitudini che s’incontrano e di sapori che vengono da lontano, la penna lieve e felice di Nico Orengo riesce a raccontare le ferite che la vita incide negli animi e nei luoghi, l’eco del passato che rimbalza su un futuro sconosciuto, la difficile arte di non perdersi mai completamente.

CONTESTO STORICO-CULTURALE

E’ il personaggio Luciano a ben descrivere il quadro storico culturale in cui si svolge il libro. Il taxista, un bel tipo che, scarrozzando tra curve e pendii, denuncia il prezzo esorbitante dei terreni, i facili arricchimenti che hanno cancellato la memoria di quando, sulle Langhe, imperversava la «malora» e scorreva il sangue della guerra partigiana.
La vita è cambiata, e non sempre in meglio. Anche il paesaggio non è più lo stesso, come appare dall’invadenza dei capannoni industriali, dalla cancellazione degli alberi da frutta che ingentilivano le colline, sacrificati dalle vigne ben più redditizie che invadono perfino, fraudolentemente, i terreni senza vocazione. «Di tutta questa retorica del vino – sbotta Luciano – non ne posso più. Abbiamo ormai solo quello e ci costruiamo castelli di balle».
Il suo è un controcanto sommesso alla festosa e spesso arzigogolata celebrazione del vino, è l’espressione di una coscienza offesa e giudicante.
E le osservazioni di Maria Suzuky, figlia di un cantiniere d’albergo giapponese, fanno eco (dopo un po’ di pagine) “una campagna che non respirava più tra un capannone e l’altro, con architetture e colori dei più diversi, stretti gli uni agli altri”.
La perdita di un paesaggio che si accompagna, insomma, alla ricerca di un’identità

RIMANDI AL VINO 

Sotto gli occhi dei lettori scorrono nomi importanti, dalle grappe Nonino ai tanti Barolo, Barbaresco e Roero: Angelo Gaja, Beppe Rinaldi, Bruno Giacosa, Matteo Correggia “uno dei più grandi vignaioli del Novecento” afferma il sommelier.

Informazioni aggiuntive

Autore

Nicola Orengo

Editore

Einaudi

Formato

Ebook

Prima pubblicazione

2007

Scopri l'Autore

Nicola Orengo

Nicola Orengo è stato uno scrittore, giornalista e poeta italiano. Ha vissuto e lavorato a Torino, dov’è stato responsabile per quasi un ventennio di Tuttolibri, l’inserto settimanale de «La Stampa». Ha lavorato presso le edizioni Einaudi, per cui ha pubblicato quasi tutti i suoi scritti. È stato anche autore di filastrocche per bambini. Tra le sue opere ricordiamo quelle edite da Einaudi: A-ulìulè, filastrocche, conte, ninne nanne (1972), Miramare (1976), Ribes (1981), Le rose di Evita (1990), Gli spiccioli di Montale (1992), L’ospite celeste (1999), Hotel Angleterre (2007), Islabonita (2009). Ha scritto la prefazione al libro di Ligabue Lettere d’amore nel frigo.

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