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La confraternita dell’uva

Una famiglia sui generis, una lotta generazionale e un pizzico di ironia che non guasta mai. I tre elementi, fondamentali per letteratura di genere, si rendono indispensabili in una delle opere più apprezzate di John Fante: La confraternita dell’uva.

Scritto nel 1977, l’opera è uno dei romanzi più originali e romantici dell’autore statunitense di chiare origini italiane. Proprio le origini, unite all’eterna lotta generazionale, rappresentano il fulcro de La confraternita dell’uva che, al pari di altri scritti, tende ad evidenziare con tutte le sue sfumature una sorta di realismo ironico tipico di uno degli scrittori più apprezzati da Charles Bukowski.

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Descrizione

TRAMA

Pubblicato per la prima volta nel 1977, il romanzo ha per protagonista la figura granitica, ingombrante, di un padre, il vecchio tirannico e orgoglioso primo scalpellino d’America, almeno questo crede di essere. Un immigrato di prima generazione, Nick Molise, nel quale, come nel gruppo di suoi compaesani, Fante racchiude il ritratto più nitido della prima generazione italoamericana. Un mondo di uomini di testarda virilità, guardati con inorridita inquietudine dagli americani persuasi che gli italiani fossero creature di sangue africano, che tutti girassero con il coltello e che la nazione fosse ormai preda della mafia.

CONTESTO STORICO-CULTURALE

Il libro descrive perfettamente lo scontro tra la prima generazione di emigranti italiani in America e la seconda. Mentre i genitori restavano fedeli alle proprie origini, i figli aderivano al sogno americano e americani volevano essere considerati.

Membri della seconda generazione, durante i primi decenni del XX secolo, hanno affrontato un enorme dilemma nel scegliere la propria identità: a casa vivevano la cultura italiana, fuori, nel mondo esterno, erano esposti alla cultura americana. Spesso si sentivano ai margini di entrambe le culture difficili da amalgamare. Da un lato, potevano identificarsi come italiani: tale identità dava loro una certa soddisfazione nell’essere membri di un gruppo etnico di uguali, ma rischiavano l’esclusione da altri americani rendendo più difficile il loro processo di mobilità sociale. Dall’altro lato, potevano identificarsi come americani. Tale identità era attraente perché aumentava l’opportunità di mobilità sociale ma era più rischiosa della prima a causa del pregiudizio e discriminazione verso di essi che non venivano accettati nei gruppi primari.

Infatti, durante questi decenni, il pregiudizio verso gli italiani era dominante, venivano chiamati: wop, dago, guinea, rif-raf, greaseball.
Chi si identificava come americano rischiava un doppio rigetto: dagli americani ma anche dagli italiani dovuto alla diserzione dal loro gruppo etnico.
L’ascesa sociale dei membri della seconda generazione era, spesso, lenta e affetta da regressi dolorosi e varie difficoltà, dovute anche al pregiudizio e discriminazione nei loro confronti.

RIMANDI AL VINO 

L’autore nella narrazione presenta il vino come elemento centrale di una specie di religione: la Confraternita del Cafè Roma. Nick Molise e i suoi amici sono consacrati al vino. Il tempio di questa laica compagnia è la fattoria di Angelo Musso, costruita da Nick, dove, su un suolo sacro per i vitigni di Chianti e Chiaretto, si celebra la liturgia del grappolo d’uva che unisce come fratelli anche nella morte.

Angelo Musso, il vecchio vignaiolo a cui si rivolgono quegli avvinazzati della combriccola italoamericana, è una figura sontuosa. Provvisto di una saggezza alcolica elargisce ebbrezza attraverso il suo nettare, regalando un angolo di pace e stordimento a chi volesse usufruire di vino e cibo alla sua tavola. Non parla, per problemi alle corde vocali, ma non ha nemmeno bisogno di farsi capire, il vino è il suo verbo che sa conquistare gole e cervelli.

Il vino, assieme ad Henry e suo padre Nick, è il vero protagonista dell’intera vicenda, attraverso una sorta di scansione temporale che divide il romanzo in diversi parti, divenendo fulcro della narrazione grazie alle gioie e i dolori narrati dall’autore. Infatti, l’ubriachezza molesta di Nick – che praticamente rovina la vita di ogni membro della famiglia a causa dei suoi modi di fare rudi e spesso violenti – ,lo scontro fra culture e la ricostruzione di un legame familiare fin troppo debole si mescolano al vino a tal punto da far divenire, indirettamente, quella bevanda come un filo sottile che lega inevitabilmente il passato, il presente ed il futuro dei Molise.

Informazioni aggiuntive

Autore

John Fante

Editore

Einaudi

Formato

Ebook

Prima pubblicazione

1990

Scopri l'Autore

John Fante

Nato in Colorado all’inizio del Novecento, figlio di un abruzzese emigrato in America nel 1901. Dopo un’infanzia turbolenta, si diploma e inizia a fare lavoretti precari, tra cui il tuttofare per uno studio professionale, lo sguattero in bar e ristoranti e l’operaio in una fabbrica di pesce in scatola.

Stanco della provincialità di Boulder, si trasferisce a cercar fortuna a Los Angeles, nel 1930. Qui inizia a frequentare l’Università: non è uno studente brillantissimo, ma si avvicina alla scrittura e alla sceneggiatura (prende i primi contatti con Hollywood: sarà poi sceneggiatore anche per Dino De Laurentiis). Del 1936 è il suo primo romanzo, La strada per Los Angeles, che però sarà pubblicato postumo (nel 1985 in America, mentre in Italia uscirà nel 1996 per Marcos y Marcos e nel 2005 per Einaudi).

L’anno successivo si sposa con Joyce Smart, dalla quale avrà ben quattro figli. Ciò non gli impedisce di dedicarsi alla scrittura: il vero romanzo d’esordio è Aspetta primavera, Bandini (Marcos y Marcos, 1996 ed Einaudi, 2006) uscito nel 1938 e subito foriero di grandi consensi; seguito l’anno successivo da Chiedi alla polvere (Marcos Y Marcos, 1996 ed Einaudi, 2004). Intanto collabora con i servizi d’informazione statunitensi, e nel 1952 vede la luce il suo quarto romanzo Full of life (Marcos y Marcos, 1999 ed Einaudi, 2009).

Tra gli altri suoi romanzi ricordiamo Bravo, Burro! (1970, Einaudi, 2010), La confraternita dell’uva (1977, Marcos y Marcos, 1996 ed Einaudi, 2004), Sogni di Bunker Hill (1982, Marcos y Marcos, 1996 ed Einaudi, 2010). Del 1940 è invece il racconto Dago Red (Marcos y Marcos, 1997 ed Einaudi, 2006). Nel 1978 John Fante incontra per la prima volta Charles Bukowski, che addirittura lo apostroferà come «il migliore scrittore che abbia mai letto» e «il mio Dio», e insisterà per far ripubblicare Chiedi alla polvere, scrivendo per l’occasione un’ispirata prefazione.

Malato di diabete dal 1977, Fante diventerà cieco e dovrà necessariamente sottoporsi all’amputazione di entrambe le gambe: il suo ultimo romanzo Sogni di Bunker Hill lo detterà alla moglie, e morirà nel 1983, lasciando numerosi inediti. Infatti alcuni suoi racconti come Il Dio di mio padre, Una moglie per Dino Rossi, A ovest di Roma e La grande fame saranno pubblicati nel 1985 in America, e successivamente in Italia, da Marcos y Marcos ed Einaudi.

Del 1999 sono invece le Lettere, 1932-1981, (Fazi, poi Einaudi nel 2014), una selezione della corrispondenza di Fante alla madre, alla moglie, agli amici scrittori e agli editori. L’opera letteraria di Fante ha ispirato il mondo cinematografico: da citare almeno i due film Aspetta primavera, Bandini (1989, per la regia di francis Ford Coppola) e Chiedi alla polvere (2006, prodotto da Tom Cruise).

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