Descrizione
TRAMA
Pubblicato per la prima volta nel 1977, il romanzo ha per protagonista la figura granitica, ingombrante, di un padre, il vecchio tirannico e orgoglioso primo scalpellino d’America, almeno questo crede di essere. Un immigrato di prima generazione, Nick Molise, nel quale, come nel gruppo di suoi compaesani, Fante racchiude il ritratto più nitido della prima generazione italoamericana. Un mondo di uomini di testarda virilità, guardati con inorridita inquietudine dagli americani persuasi che gli italiani fossero creature di sangue africano, che tutti girassero con il coltello e che la nazione fosse ormai preda della mafia.
CONTESTO STORICO-CULTURALE
Il libro descrive perfettamente lo scontro tra la prima generazione di emigranti italiani in America e la seconda. Mentre i genitori restavano fedeli alle proprie origini, i figli aderivano al sogno americano e americani volevano essere considerati.
Membri della seconda generazione, durante i primi decenni del XX secolo, hanno affrontato un enorme dilemma nel scegliere la propria identità: a casa vivevano la cultura italiana, fuori, nel mondo esterno, erano esposti alla cultura americana. Spesso si sentivano ai margini di entrambe le culture difficili da amalgamare. Da un lato, potevano identificarsi come italiani: tale identità dava loro una certa soddisfazione nell’essere membri di un gruppo etnico di uguali, ma rischiavano l’esclusione da altri americani rendendo più difficile il loro processo di mobilità sociale. Dall’altro lato, potevano identificarsi come americani. Tale identità era attraente perché aumentava l’opportunità di mobilità sociale ma era più rischiosa della prima a causa del pregiudizio e discriminazione verso di essi che non venivano accettati nei gruppi primari.
Infatti, durante questi decenni, il pregiudizio verso gli italiani era dominante, venivano chiamati: wop, dago, guinea, rif-raf, greaseball.
Chi si identificava come americano rischiava un doppio rigetto: dagli americani ma anche dagli italiani dovuto alla diserzione dal loro gruppo etnico.
L’ascesa sociale dei membri della seconda generazione era, spesso, lenta e affetta da regressi dolorosi e varie difficoltà, dovute anche al pregiudizio e discriminazione nei loro confronti.
RIMANDI AL VINO
L’autore nella narrazione presenta il vino come elemento centrale di una specie di religione: la Confraternita del Cafè Roma. Nick Molise e i suoi amici sono consacrati al vino. Il tempio di questa laica compagnia è la fattoria di Angelo Musso, costruita da Nick, dove, su un suolo sacro per i vitigni di Chianti e Chiaretto, si celebra la liturgia del grappolo d’uva che unisce come fratelli anche nella morte.
Angelo Musso, il vecchio vignaiolo a cui si rivolgono quegli avvinazzati della combriccola italoamericana, è una figura sontuosa. Provvisto di una saggezza alcolica elargisce ebbrezza attraverso il suo nettare, regalando un angolo di pace e stordimento a chi volesse usufruire di vino e cibo alla sua tavola. Non parla, per problemi alle corde vocali, ma non ha nemmeno bisogno di farsi capire, il vino è il suo verbo che sa conquistare gole e cervelli.
Il vino, assieme ad Henry e suo padre Nick, è il vero protagonista dell’intera vicenda, attraverso una sorta di scansione temporale che divide il romanzo in diversi parti, divenendo fulcro della narrazione grazie alle gioie e i dolori narrati dall’autore. Infatti, l’ubriachezza molesta di Nick – che praticamente rovina la vita di ogni membro della famiglia a causa dei suoi modi di fare rudi e spesso violenti – ,lo scontro fra culture e la ricostruzione di un legame familiare fin troppo debole si mescolano al vino a tal punto da far divenire, indirettamente, quella bevanda come un filo sottile che lega inevitabilmente il passato, il presente ed il futuro dei Molise.
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.